sabato 5 marzo 2016

"Lehren heißt lernen"

"Lehren heißt lernen".
Insegnare significa imparare.

Chi ha letto certi post di qualche mese fa sa che io sono figlia e nipote di insegnanti. Per questo credo di sapere abbastanza bene che cosa voglia dire insegnare.
Però non sono un'insegnante. Sono ancora una sssimpatica studentessa universitaria che tutto vorrebbe fare meno il lavoro che fa mia mamma, che fanno i miei zii e che faceva mia nonna. No, io non ho né testa né pazienza per quel tipo di vita. Certo, ho la pazienza per tradurre articoli di giornale o per passare ore a sentire notiziari nelle lingue più assurde... ma non per trasmettere quello che so a qualcun altro.
Eppure.
Eppure da un mesetto ho iniziato a dare ripetizioni di tedesco. La mia allieva ha 13 anni e fa la terza media. Pensavo che sarebbe stato uno scherzetto da niente, una cosa solo per guadagnare un pochino e mettere un po' di soldi da parte. E invece sto iniziando a capire che cosa vuol dire davvero insegnare.
Vuol dire innanzitutto che chi sta davanti a te pensa che tu sappia davvero tutto. E tu non puoi far finta di niente: se insegni, devi anche sapere. E devi avere anche coscienza di quello che dici, perché se vai a dire cavolate sei finito. (Non come fanno certi professori che insegnano senza sapere...)
O meglio: un conto è un insegnante sadico che non sa fare il proprio lavoro e quindi insegna ad minchiam e poi se dà voti oltre il 6 è un autentico miracolo. Sì, esistono professori sadici che pensano che tanto sono loro ad avere il coltello dalla parte del manico. Io vi do i votacci, voi vi arrangiate. Altra cosa è la condizione in cui mi trovo io, ovvero una studentessa che sta cercando di imparare le stesse cose che insegna a un'allieva di otto anni più piccola di lei. Se io sbaglio qualcosa, i votacci li prende lei. E se lei prende voti bassi va da sé che io non sono in grado di fare quello che mi viene richiesto, e quindi non mi arrivano più soldi in cassa. Quindi è anche per questo che l'altro ieri sono stata fino a mezzanotte a cercare esercizi da fare, a provare a rielaborare regole di grammatica in modo da renderle il più comprensibili possibile, a studiare un modo intelligente di spiegare cose che per me sono più che automatiche, a riempire tabelle con pronomi personali nei vari casi e via dicendo.
Una delle poche cose di cui sono fiera di me è il modo con cui io prendo il mio lavoro. Sul serio ma allo stesso tempo cerco di renderlo leggero sia alla mia allieva che a me stessa. Sul serio perché le cose funzionano solo se fatte in un certo modo. Se si lavora bene, con metodo e serietà, le cose vanno avanti, i voti passano dal quattro al sette e i soldi entrano in cassa. Cerco di renderlo leggero perché io lavoro al venerdì pomeriggio, dopo una settimana universitaria: se mi comporto da persona noiosa è la fine, mi annoio e mi addormento anche io. Quindi cerco di fare un po' la Mary Poppins che dalla sua magica borsa (la famosa MaryTasche!) tira fuori qualsiasi cosa. Lo strumento più indispensabile della mia vita: i pennarelli colorati. L'unico modo per ricordarsi le desinenze e i casi è colorarli in modo diverso. Ho testato questo metodo sulla mia allieva e funziona alla grande. O anche il genialissimo metodo che ho elaborato per farle imparare a leggere i numeri: invertire l'ordine delle cifre con uno schema un po' improbabile ma che ha dato i suoi frutti: ora non mi sbaglia più nemmeno una data!
Ieri è stata una giornata abbastanza orrenda nel complesso, sono tornata a casa con il cervello che fumava. Però ero soddisfatta perché ero riuscita a spiegare e a far capire alla mia allieva un argomento che mi ha fatto sudare ben più delle canoniche sette camicie. Uno degli argomenti più ostici che ho incontrato nella grammatica tedesca che ho studiato al liceo. Era talmente complicato per me che pensavo che non sarei mai riuscita a spiegarlo a nessuno. E invece...

Con un po' di cattiveria mi viene da dire grazie ai professori che non sanno svolgere il loro lavoro.
Grazie a voi noi studenti squattrinati possiamo dare ripetizioni e, oltre che a mettere soldi in cassa, abbiamo continuamente modo di confrontarci con noi stessi.

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