martedì 22 settembre 2015

Alla ricerca del Problema

Houston, abbiamo un problema.
E non ci voleva una laurea per capirlo. Abbiamo davvero un problema.
Il problema ha un nome composto da sette lettere (anche il mio nome è composto da sette lettere... Coincidenze? io non credo) che inizia per T- e finisce per -edesco.
Insomma, sì... è un problema.

Quando ero in seconda liceo dovevo scegliere quale terza lingua fare. Già facevo inglese e francese, e dall'anno seguente avrei studiato anche tedesco o spagnolo. Ma quale delle due?
Ero fermamente convinta di voler studiare spagnolo. Assolutamente. Non chiedetemi perché, non lo so.
Un giorno una prof di tedesco - che poi è la prof che mi ha massacrata per tre anni - è venuta a fare supplenza nella mia classe. Ci ha insegnato due cosine in tedesco, come "Come ti chiami?" o contare da uno a dieci. Bene: queste due cosine mi hanno folgorata. E ancora una volta, non so perché. So solo che sono rimasta affascinata da quella lingua e da quei suoni così duri, così diversi da quelli dolci e zuccherosi del mio amato francese. Perché comunque il francese viene prima di qualsiasi cosa.
E insomma, ho deciso di iniziare a studiare tedesco. Con il senno di poi mi viene da dire: non l'avessi mai fatto.

Perché del tedesco non ci si libera mai. Il tedesco ti rimane appiccicato addosso. Una volta che entri nel vortice del tedesco, non ne esci più. E se credi di esserne uscito, in realtà sei più prigioniero che mai. E' come una corda che ti avvolge: più credi di liberarti, più lei ti stringe.
E qui arriva il Problema.
Il problema è che io con il tedesco, soprattutto all'ultimo anno, non ho avuto proprio un rapporto meraviglioso. Anzi. Diciamo pure che, complice la letteratura tedesca che dall'inizio del Novecento in avanti non mi è piaciuta nemmeno un pochino, lo odiavo proprio. Ogni giorno mi chiedevo perché diavolo non stessi studiando quella lingua caliente, accogliente ma soprattutto facile chiamata spagnolo. (Diciamolo chiaramente: per un italiano, lo spagnolo è facile. Non dico che sia facile in senso assoluto perché so che ha più eccezioni che grammatica... però in confronto al tedesco sembra quasi una barzelletta) (Dopo questo, mi aspetto una mandria di iberofoni sotto casa con i manganelli e i fumogeni).
Nella Divina Commedia tenevo un segnalibro che in inglese diceva così:
Più studi, più sai.
Più sai, più dimentichi.
Più dimentichi, meno sai.
Ma allora perché studiare?
Ecco. Ma allora perché studiavo tedesco se tutto quanto mi entrava da un orecchio e mi usciva dall'altro?

A questo punto cosa rimane da fare? Diplomarsi (trallallero trallallà!) e liberarsi del tedesco. O così pare.
Perché il test di scuola interpreti l'ho fatto sia in francese che in tedesco. Il fatto che non l'abbia passato in nessuna delle due lingue è un dettaglio.
A quel punto me ne resto nella mia città a fare un anno di Lingue e letterature straniere. Francese è d'obbligo perché al mio grande amore non riesco a dire di no. E l'altra lingua? Di studiare ancora tedesco non ne ho voglia. Non mi va di studiare una lingua che odio. E allora la scelta cade sullo svedese. Perché? Perché sono cretina, ecco perché. Avrei potuto fare una di quelle lingue mainstream tipo inglese, spagnolo, portoghese o che ne so io. E invece no! La cretina che va a studiare svedese!
Ed eccolo di nuovo, il Problema.
Il problema è che lo svedese è un misto tra l'inglese e il tedesco con una pronuncia strana. Una sorta di tedesco sporco. Comunque meno sporco dell'olandese, il Calimero del tedesco.
E insomma, non riesco a studiare bene svedese perché il tedesco fa interferenza. Una lingua che so male fa interferenza su una lingua che so ancora peggio. Andiamo bene. Ma forse i miei genitori quando dicevano che quella delle lingue non era la mia strada...non dicevano proprio delle cazzate.
Ma io, testarda e cocciuta, vado avanti.
E allora facciamoci quest'anno di svedese con interferenza di tedesco. In pratica...svedesco.

Durante l'anno di svedesco sentivo che mi mancava qualcosa. Ma cosa? Non riuscivo a capirlo.
Dopo lunghe riflessioni, sono arrivata a una conclusione: a mancarmi così tanto era il tedesco.
Anche grazie ai musical l'ho un pochino ripreso, con la promessa di recuperarlo al cento per cento se avessi passato il test a scuola interpreti (il mio Trieste-II).
Una volta passato il test, ho ricominciato a studiare tedesco.
E via con attacchi d'ansia, panico e senso di inadeguatezza. A lezione mi deprimevo e mi veniva da piangere, mi sentivo un'emerita pippa in confronto a tutti gli altri miei compagni di corso.
Appena uscivo dall'università però tornavo nel mio mondo fatto di musical, di musica sacra e di performer. Magicamente tutto tornava, e il tedesco tornava a essere il mio amico di sempre.
Ma poi mi devo rimettere sui libri. E di nuovo il panico e l'ansia.

Quindi ho capito qual è il problema.
Il problema non è il tedesco. E il problema non sono nemmeno io.
Il Problema è che io studio tedesco.

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