sabato 26 dicembre 2015

Regali a prova di freddo

E insomma, anche Natale, Santo Stefano e i pranzi con i parenti sono finiti. Possiamo archiviare l'ipocrisia almeno fino al prossimo anno.
Ma non stiamo qui a sputare veleno e riflettiamo sui regali ricevuti quest'anno.
In realtà c'è poco da riflettere, ma un'osservazione la voglio fare.

Mio padre sa che io non amo i pile oversize e me ne regala uno.
Mia zia e mia sorella sanno che io soffro il freddo e quindi una mi regala un morbidissimo e caldissimo plaid, l'altra una felpa morbida come la lana di una pecora. La felpa è nera, quindi ora tutti mi chiamano "pecora nera della famiglia". Bene, ma non benissimo.
La chiamavano "l'arte del fare regali giusti".

giovedì 24 dicembre 2015

Back to Liguria

E così è arrivato questo 24 dicembre. La vigilia di Natale. Il giorno in cui, dopo cinque mesi, rimetto piede in terra ligure.
Sono sincera: ne ho voglia zero. Ma si fa perché si deve fare.
Per fortuna ieri sera ero a cantare al Rossetti con i miei adorati coristi, sennò sarei dovuta tornare già il 18. E quindi avrei avuto sei giorni in più di scleri e di male di vivere. Perché è questo l'effetto che Genova ha su di me. E più cerco di combatterlo e più lui si fa sentire. Ogni volta è sempre più forte.
Oggi sarò sola con due trolley. La solita carrozza nove comunemente detta "in culo al treno". Il solito cambio al point zéro. La solita mezz'ora di tempo per attraversare Milano Centrale e saltare sul regionale. E poi due ore di tempo per riabituarmi a sentire quell'accento strano che a me dà tanto fastidio e che non sento da fine luglio.
Cosa c'è di positivo nel tornare a Genova? Pensare che tra dieci giorni sono di nuovo a Trieste. O per meglio dire, sono a casa.
Perché se "home is where your heart is", allora casa mia non può che essere qui dove sono adesso.

Buon viaggio a me.

lunedì 21 dicembre 2015

Sere nere con Tiziano

No, non è un uomo con cui ho passato una serata orrenda. 
E' un cantante. E anche molto famoso.
Sto parlando di Tiziano Ferro.

La mia amica prof blogger fiorentina lo adora.
Ne parlavamo oggi su Uozzap, e a me è venuta l'intelligente idea di scaricare il greatest hits.
Perché? Non lo so.
Forse per dargli una chance. Forse per non collegarlo più solo al mio periodo di massima depressione in cui ascoltavo "Il regalo più grande" e "Sere nere" (di cui cantavo il ritornello una terza sopra facendo una sorta di controcanto di una banalità infinita). Forse per cercare di capire che cosa lei ci trovi di così speciale in lui. Non lo so. 
Lo ammetto: sono molto prevenuta nei suoi confronti. Però voglio dargli davvero una chance. 
Non dico "far breccia nel mio cuore" e entrare nella mia vita con la prepotenza di "Elisabeth", ma almeno non farmi schifo come mi faceva all'inizio.


E insomma, attacco il greatest hits. Da qui il degrado. 
Parte "Lo stadio". Cerco di concentrarmi sul testo ma non ci riesco. Lo devo riascoltare almeno tre volte. E non mi convince. Il testo nella mia testa non ha senso. Ho promesso a me stesso: "Non penserò più a te", canta Tizio. Non siamo alla fiera della banalità, nooooo. Vabbé dai, cambiamo traccia che non ce la sto facendo. 

Traccia numero due: "Incanto". Appena parte capisco subito di avere la sindrome da musicista: il mio piede destro inizia a fare tap-tap per terra a tempo, la mia mano sinistra inizia a solfeggiare un quattro quarti e infine la mia testa dondola da sola seguendo il movimento della mano. In tutto questo, il mio cervello non riesce a concentrarsi sul testo perché è troppo preso dalla banalità della musica. Dai, un quattro quarti così semplice... per il mio cervello è come ascoltare un brano di Ligabue. Mi dico: "Vabbé dai, la musica fa schifo...ma magari ha un bel testo". Forse sì, peccato che non mi ci riesca a concentrare. Sarà che io, così fredda e glaciale, non posso concentrarmi su testi mielosi come questi! 

A quel punto davvero mi esplode la testa. Non ce la faccio. Nonostante la quantità spropositata di zenzero che sto ingerendo tra the caldo e biscotti, mi sto addormentando. Mettiamo una canzone, sempre di Tizio, che mi svegli almeno un po'. Ammesso che un brano di Tizio riesca a svegliarmi, s'intende...!

E allora via! si procede con "E Raffaella è mia". Un testo non inutile ma di più. La Raffaella in questione è Raffaella Carrà - che io adoravo alla follia quando ero piccola! - e Tizio ci fa sapere che Raffaella è sua, che balla e canta a casa sua (di lui) solo per lui e che non può entrare nessun altro. Beh, grazie per avercelo detto. 

Non solo: l'ha stalkerata di brutto cercando il manager e la mail. Ma poi per fortuna (!) ora è sua. E' talmente sua che nessuno può entrare in casa perché Raffaella è sua. I vicini intanto ascoltano il repertorio che Raffa canta per Tizio. SOLO per Tizio. E a voi poracci...niente. E Raffaella è sua, sua, sua. Ripetere pure ad libitum
La parte interessante di questo brano: mi ha fatto tornare indietro nel tempo fino alla seconda liceo quando, con la mia compagna di banco, l'avevo parodiata usando come protagonista la mia prof di latino che si chiamava proprio Raffaella. 
Bene, appurato che anche questo è un fiasco torno sulla depressione andante.

Ecco là che metto "Ti scatterò una foto". Il brano più depresso ever. Parte Tizio a cappella e ci dice, in quattro versi, che nell'ansia che ti perdo ci scatterà una foto. EEEEEEEH. A quel punto parte l'accompagnamento. 
Ti chiamerò perché tanto non risponderai: ma scusa.... ma allora che cavolo la chiami?! Vabbé dai, andiamo avanti. E sarà bellissimo perché gioia e dolore han lo stesso sapore con te: abbiamo appena trasmesso la rubrica "Quelle frasi che fanno piacere". 
Non solo: apriamo un capitolo sugli accenti tonici a caso? Ma sì dai. Cosa può significare sentirsi piccolò / quando sei il più grande sogno e il più grande incubò. Se ascoltate la canzone (basta digitare il titolo su YouTube) capirete cosa intendo. 
Basta, mi sto deprimendo davvero troppo. Però sono fiduciosa, sono sicura che questa sessione di ascolto mi porterà qualcosa di positivo. Tipo "Sere nere". E allora via!

"Sere nere" è il brano che contiene una delle frasi che ripeto più spesso: "Se non uccide, fortifica". E' un po' la mia filosofia di questo periodo. Per il resto... andiamo ancora sugli accenti tonici a caso? Perfetto: aprite YouTube, cercate il brano e arrivate al ritornello. "Di sere....nerééééé, cheeeee non c'è tempo, non c'è spazio e mai nessuno capirà / vuoi rima...neréééééé? Perché fa male, male, male da morire senza te". Ora, se qualcuno in questi versi trova una logica me lo faccia sapere. Siamo arrivati al punto in cui sono in confusione più totale: "E più mi vorrai e meno mi vedrai e meno mi vorrai e più sarò con te (x2) lo giuroooooooo" [svarione sulla o, ndC] Che dire se non EH?!
Ma perché tutto questo? Perché? Perché? Perché fa male, male, male da morire senza te. Ma ne sei proprio sicuro? Uhm... 
L'unico momento interessante è stato quello in cui mi sono resa conto di sapere il testo perfettamente a memoria e di star cantando il ritornello una terza sopra e quindi posso fare la figa facendo la controvoce. Niente di serio, in ogni caso. 

Bene, è giunto il momento di arrivare al picco di depressione. 
"Il regalo più grande". Voglio farti un regalo oh grazie! qualcosa di dolce cioccolato!! qualcosa di raro....eeeeeeeh! What?! Ma questo è solo l'inizio! 
Vorrei donare il tuo sorriso alla luna perché / di notte chi la guarda possa pensare a te (perché noi NOOOOON siamo mielosi e depressi, no!) /  per ricordarti che il mio amore è importante-eh / che non importa ciò che dice la gente / perché tu mi hai protetto con la tua gelosia (ora tu me la spieghi) /  che anche se molto stanco il tuo sorriso non andava via / devo partire però so nel cuore la tua presenza / è sempre arrivo e mai partenza / è il regalo più grande. Eh eh eeeeeeeeeh.
Insomma, se Tizio non dice "EEEEEH" non è contento. 
Un po' come Vasco. Nel dubbio, "EEEEEH". 
Questo brano è talmente deprimente che mi fa ridere tantissimo. Ho dei problemi mentali, sì. Credo che durante le vacanze, o forse durante il viaggio verso Genova, farò un post appositamente per un mio commento sul testo senza senso di questo brano senza senso. 

Ora, siamo arrivati al collasso. Se siete ancora vivi vi stimo un sacco. 
Sia ben chiaro che non ho assolutamente niente contro Tizio. Solo che per me non ha senso. 
Ma dal momento che, come dice Tizio, non voglio farmi più del male adessoooooh .... credo proprio che finirò qui questo post inutile.

Vi lascio con le parole di Tizio.
"EEEEEH".


sabato 19 dicembre 2015

Cinquanta-bla-bla anni e non sentirli

Oggi la mia Mutter, la mia Cogoma, la mia Anziana Signora ... compie gli anni.
Come dice il titolo del post, sono cinquanta-bla-bla.
Eh eh mamma, invecchi anche tu!

Per l'occasione - o come diciamo noi, per festecciare - sono andata a caccia di un regalo.
E l'ho trovato.
E che regalo!
(Grazie alla mia amica prof blogger fiorentina: mi ha salvata dalla disperazione!)
Spero che sarà un regalo gradito ... e spero che venga colto il messaggio subliminale nascosto nel regalo stesso. (risata diabolica, ndC)

Lo so che stai leggendo questo post. E quindi ti dico che (anche se a volte mi fai arrabbiare veramente tanto) (soprattutto quando mi "dai dei giri" al telefono) ti voglio bene.
E tanto ci vediamo tra poco!
Quando tu mi chiederai "Ma quand'è che te ne torni a Trieste?"

martedì 15 dicembre 2015

Il bello della dipendenza da dolci

Il bello di essere dipendente dai dolci è che arrivi a un certo punto della tua vita in cui pensi che potresti anche iniziare a cucinarli anziché comprarli già pronti. Così hai anche più soddisfazione nel mangiarli: è più appagante mangiare qualcosa preparato da te che qualcosa che è già stato cucinato.
Detto questo: io ai fornelli sono una delle persone più negate della terra. Sarà anche perché mangio pochissime cose, ma quando io sono in cucina sono un danno ambulante. L'unica cosa che so cucinare veramente bene sono i biscotti di farina di cocco.
Questa volta però mi sono buttata sulla torta al cacao. Avevo comprato la scatola della Cameo con dentro il preparato e lo zucchero a velo. Ho preso poi le uova, il burro e il latte. La terrina ce l'ho. La tortiera ce l'ho. La carta da forno pure. Bene, non manca nulla. O meglio, manca solo lo sbattitore elettrico. E che problema c'è? Ho la frusta manuale. Perfetto, possiamo cominciare.
Tiriamo su le maniche, mettiamo una musica rilassante come sottofondo e ... via!
Faccio ammorbidire un attimo il burro in microonde e lo aggiungo al preparato dentro la terrina. Aggiungo quindi tre uova e 80 ml di latte. Momento disagio in cui il mio cervello si era auto-convinto che 80 ml di latte fossero quasi un litro. Eh ma mi sembra un po' troppo un litro di latte! E infatti... [Abbiamo appena trasmesso l'ennesimo episodio di "Cecy e la matematica"]
La parte divertente è quella in cui la frusta decide di rompersi. No ma benissimo! Se questo è l'inizio non voglio sapere come si arriva alla fine. Ma che problema c'è? Acchiappo un cucchiaio e continuo a mischiare. A quel punto metto la carta forno nella teglia e vi rovescio dentro il tutto. Il mio simpatico forno era già caldo e pronto ad accogliere la mia tortiera azzurra. 
Mentre la torta cuoce, si pongono due problemi. Il primo: solitamente per controllare se la torta è cotta s'infila uno stuzzicadenti nell'impasto. Se si sporca, lasciare in forno. Se è pulito, la torta è cotta. MA io non ho stuzzicadenti! E vabbé, ho utilizzato un altro metodo altrettanto intelligente. Il secondo problema è che non ho un setaccio per lo zucchero a velo. Chiamo mamma per chiederle come posso fare a mettere lo zucchero a velo senza setaccio. "Ma non avete un filtro per il the?" "No..." "Ma sei sicura? Guarda un po' nel primo cassetto a fianco al forno..." Mamma, come diavolo fai a sapere che in quel cassetto c'è un filtro per il the?! Mi stai spiando?! E insomma, ho anche il setaccio.
Dopo un'oretta tiro fuori la torta e la cappotto su un piatto. Metto su lo zucchero a velo e il gioco è fatto. 
Soltanto che l'esperimento di casa Rapunzel è stato un mezzo fail. Il mio simpaticissimo forno infatti ha deciso che mezza torta si sarebbe cotta perfettamente mentre l'altra mezza...un po' meno. Quindi ho mezza torta cotta perfetta e mezza torta che vorrebbe stare ancora un po' in forno. 
Ho utilizzato Conqui come cavia, e ha apprezzato molto.
Soprattutto quando è entrata in cucina esclamando: "Che buon profumo!" e io ho risposto: "Ma beata te che puoi sentirlo...". Sono raffreddatissima da cinque giorni. Gioia da queste parti non se ne vede.

Il tutto è successo ieri sera.
E la torta cioccolatosa è stata la mia colazione e il mio spuntino, sarà il mio dessert dopo pranzo, sarà il mio spuntino pomeridiano e infine sarà la mia consolazione quando stanotte tornerò a casa sfatta dopo prova. 
Nonché uno splendido inizio di giornata per domani. Dannato mercoledì, dannate UNDICI ore di lezione. 
Ma non ci pensiamo. Ingrassiamo per bene, che a pancia piena si vive meglio!!


lunedì 14 dicembre 2015

L'albatros

Souvent, pour s'amuser, les hommes d'équipage
Prennent des albatros, vastes oiseaux des mers,
Qui suivent, indolents compagnons de voyage,
Le navire glissant sur les gouffres amers.

À peine les ont-ils déposés sur les planches,
Que ces rois de l'azur, maladroits et honteux,
Laissent piteusement leurs grandes ailes blanches
Comme des avirons traîner à côté d'eux.

Ce voyageur ailé, comme il est gauche et veule!
Lui, naguère si beau, qu'il est comique et laid!
L'un agace son bec avec un brûle-gueule,
L'autre mime, en boitant, l'infirme qui volait!

Le Poëte est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête et se rit de l'archer;
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l'empêchent de marcher.

(Charles Baudelaire)


sabato 12 dicembre 2015

Verifichiamo su Glattauer

Il bello dell'aver letto più volte un libro è che alla fine lo si conosce bene.
Ma veramente bene.
Al punto tale che possono anche accadere fatti che hanno dell'incrediBBBBile ma che ti fanno capire tante cose.

La mia amica prof blogger ha assegnato "Le ho mai raccontato del vento del Nord" ("Gut gegen Nordwind") ai suoi alunni da leggere per casa, as usual. E fino qui ci siamo. Lunedì questi hanno una verifica. E fin qui tutto normale.
La suddetta mia amica prof blogger mi ha chiesto una mano per preparare il massacro la verifica, dicendomi (cito testualmente) "Fammi la verifica che avresti voluto fare tu quando eri a scuola".
AH!, io a scuola avrei voluto non fare verifiche su libri, prima di tutto. Erano un incubo. Io non mi ricordo mai le cose, non mi ricordo i personaggi, non mi ricordo i dettagli, non mi ricordo chi dice cosa quando dove come perché, non mi ricordo con quale parola finisce la quartultima riga della terza pagina del settimo capitolo. Sì, al liceo mi veniva richiesto pressappoco questo. Per evitare tutto ciò ho ben pensato a domande tutto sommato semplici, a cui si può arrivare anche se si è delle ciompe come me e si è letto il libro solo di corsa o comunque non ci si ricorda le cose. Non avevo una traccia da seguire, quindi sono andata molto-tanto-troppo a sentimento.
Quello che ne è derivato è stato...una ventina di domande prettamente sul contenuto del romanzo più due domande che sono più che altro per mia curiosità e su miei dubbi esistenziali inerenti al romanzo. Perché il finale di Glattauer mi ha lasciata con l'amaro in bocca un sacco, finché non ho avuto modo di leggere il sequel. E insomma, io le domande le ho mandate. Sembrano scritte con il traduttore di Google, ma poco importa.
La parte divertente è stata quella in cui ho dovuto ricorrere alla telefonata a mamma per farmi leggere una frase del romanzo in italiano. Eh sì, perché ho tirato giù tutte le domande avendo a disposizione solamente il testo originale in tedesco. Avevo però bisogno di una determinata parte del romanzo, allora chiamo mamma chiedendole di cercare il libro e di leggermi ciò che mi serviva. Non solo: le ho anche spiegato in quale punto della libreria si trovava il libro di Glattauer! Dopodiché mi sono divertita a farla impazzire facendole le domande più cattive ever che mi potessero venire in mente in quel momento.

E in conclusione mi viene da dire solo una cosa.
La mia amica prof blogger è completamente fuori di testa.
Nel senso buono, ovviamente. Ma è fuori di testa.

giovedì 10 dicembre 2015

L'indissolubilità di un gemellaggio corale

Ed ecco qui, in (AAAAAAAAH!) ritardissimo, un riassunto di questo meraviglioso scambio corale.
Anzi, più che riassunto utilizzerò il solito cliché che non mi lascia mai. Il pippone mentale post-concerto.
E' cosa nota che, dopo un concerto, io scriva un elenco più o meno breve di fatti accaduti o di avvenimenti degni di nota.
Copio dal mio profilo di Facebook e commento ogni singolo punto per una migliore comprensione per chi legge senza essere membro della realtà "Crescerdan":

In questi quattro giorni di concerti ho:

-scoperto il magico mondo del vocal pop e l'infernale mondo dei soundcheck. Ogni giorno abbiamo affrontato un palco diverso. Conseguentemente, ogni sala aveva un'acustica diversa. La cosa comportava... un lunghissimo soundcheck, una lunghissima prova microfoni, infiniti cambi di posizione, un tempo per cambiarsi notevolmente ridotto rispetto al solito...il tutto però ascoltando i nostri amici di Salerno che cantavano vocal pop. Alla fine ci si divertiva anche in prova acustica. 
-cantato note che non esistono (non mi fa onore, ma devo dirlo) Al secondo concerto, in un paesino vicino a Pordenone, la sala aveva un'acustica a dir poco terrificante. Non solo non sentivo i miei vicini, ma non sentivo nemmeno me stessa. La cosa mi ha portato a sbagliare più di una nota perché ero abituata a sentire le altre sezioni mentre in quel caso era come se cantassi da sola. Orrendo. Mai più nella vita. 
-pronunciato più di una volta la frase: "Ma allora ha senso!"  Frase riferita alla chitarra di "Fix you", un brano dei Coldplay arrangiato da Alessandro Cadario (sì, sempre lui!). Il brano in questione prevede l'uso del coro come una vera e propria orchestra vocale. Andate a sentire il brano su YouTube e immaginate tutti i suoni che sentite riprodotti con la voce. Compresa la chitarra: da cui il "nanananananananana" che contralti secondi e tenori primi devono riprodurre ad libitum. Una noia mortale, direte voi. Beh, sentendo tutto nell'insieme...ha senso! E solo ascoltando il brano da fuori ci si rende conto che ogni parte e ogni nota ha un suo perché. 

-cantato almeno due brani con gli occhi che lacrimavano - non si sa perché - e quindi vedendo tutto sfuocato Si sa, ho gli occhi molto sensibili. Sensibili a qualsiasi cosa: al caldo, al freddo, alla pioggia, al vento...ma non credevo anche alle luci da palcoscenico! Non so com'è e come non è, sta di fatto che a un certo punto ho sentito i miei occhi iniziare a lacrimare e quindi non vedevo niente. E sono riuscita ad andare avanti senza troppi problemi. Come io abbia fatto non si sa. 

-riscoperto l'emozione di essere parte di una famiglia corale allargataA Genova, in Accademia, il coro dove cantavo e il coro "dei grandi" erano la mia famiglia corale. Ho iniziato a cantare in Accademia a dieci anni e ho smesso quando mi sono trasferita qui a Trieste. Loro erano la mia famiglia e alla fine un pochino mi è dispiaciuto lasciare quella realtà in cui ero stata così tanto...ma qui ho trovato una famiglia corale molto più grande e molto più affettuosa. Loro sanno regalare emozioni che non ho mai provato in anni di vita corale. E non parliamo poi degli amici di Salerno. Hanno ulteriormente allargato la famiglia oberdanina diventando un tutt'uno con noi. Una sensazione che non ho mai provato, non avendo mai partecipato a scambi corali di questo tipo. Trascorrere quattro giorni in completa simbiosi con due cori non mi era mai successo. 
-cantato un mi basso senza fatica (si ringrazia il mal di gola) Ora, io (nel coro) sono un contralto secondo, quindi il mi basso non dovrebbe essere un problema. A volte però non ci arrivo proprio comoda e per prendere la nota giusta devo spingere un po'. A Capodistria, ultimo concerto, non ero proprio in forma. Avevo anzi la voce più bassa del solito. Questo mi ha permesso di raggiungere il mi basso con una nonchalance a dir poco invidiabile.
-ritrovato amici conosciuti a Salerno anni fa Con l'Accademia abbiamo partecipato a un concorso proprio a Salerno tre anni fa. Venerdì un corista si è ricordato di me a distanza di tre anni e senza avermi mai parlato. Scusate ma sono soddisfazioni!
-realizzato di essere una persona di cui non ci si scorda facilmente (v. punto sopra!)

-cantato vicino ai bassi: come essere vicino a un subwoofer solitamente alla mia sinistra ho i tenori, dai quali prendo circa la metà delle note e degli attacchi del nostro repertorio. DirettoreK ha avuto la (non) geniale idea di farci cantare "Stille Nacht" mettendo i bassi vicino ai contralti. PAURISSIMA. Oltre, naturalmente, a panico e disagio.
-dato un senso ai "dap-dap-dap-TA-DAH!" della Cura Sicuramente conoscerete tutti "La Cura" di Franco Battiato. Ecco: mentre il solista ci delizia con uno dei testi più belli che io abbia mai sentito...i contralti cantano "dap-dap-dap-da-dah" ad libitum. Una noia. Però, come nel caso di prima, con l'aggiunta del solista tutto quadra, tutto torna, tutto è magicamente in equilibrio.
-pronunciato troppe volte la frase: "E' un problema se ci scambiamo/vi scambiate di posto?" Io sono una rompiscatole, lo so. E non solo ho bisogno di stare vicino ai tenori: necessito di un tenore in particolare. Se non sento la sua voce mi perdo perché non ho appigli da nessuna parte. E quindi ogni volta chiedevo alle mie vicine contralte di poter stare vicino ai tenori...oppure pregavo in ginocchio i tenori per avere il "mio" tenore a fianco. Ora mi odiano tutti, lo so.
-cantato brani così tanto da arrivare a odiarli profondamente Diciamo anche l'intero programma dei concerti
-rischiato un pericolosissimo Lollipop, al solito evitato grazie al respiro sbagliato nel momento sbagliato Dicasi "Premio Lollipop" il premio che l'Associazione conferisce ai coristi che, durante un concerto, sbagliano clamorosamente note o attacchi facendo una grandissima colossale figuraccia. Puntualmente a ogni concerto c'è almeno un Lollipop. Io ogni volta ci vado vicino...
-fatto amicizia con i tenori: strano ma vero! Perché quelli di Salerno sono simpatici. A differenza di alcuni tenori triestini... 


Questi quattro giorni di concerti sono stati indubbiamente stancanti, è stato un tour de force non indifferente. Ora che tutto è finito porterò sempre con me tanti ricordi positivi di questo gemellaggio corale.
Sicuramente al pubblico avremo regalato tante emozioni... ma l'emozione più forte è stare su un palco con amici coristi, ma soprattutto quell'emozione di quando tanti coristi diventano un tutt'uno che canta come se fosse un'unica voce.

Credo che non serva aggiungere altro. C'è in cantiere l'idea di una probabile possibilità di una forse trasferta a Salerno a maggio. Ma per ora è solo un'idea. 
Ci siamo salutati in stazione cantando un'ultima volta "Fix you", Salerno sul treno e Trieste sul marciapiede. Commovente anche per un cuore di pietra come me. 
La vita corale in fondo è davvero meravigliosa. Se poi i cori sono l'Oberdan e il Crescent ti senti veramente in famiglia. 


venerdì 4 dicembre 2015

Fisionomia corale

In questi giorni, da oggi fino a martedì 8 dicembre, (lo chiamavano "ponte dell'Immacolata") il coro in cui canto ospita un coro di Salerno che canterà insieme a noi in ben quattro concerti.
Oggi il "Comitato Accoglienza", composto da me, Max e DirettoreK, è andato a prenderli al loro arrivo in stazione.
Saluti, presentazioni e via verso il loro B&B. 
Mentre camminavamo, un corista salernitano mi guarda, mi squadra e se ne esce con un: "Ma noi ci siamo già visti!" 
Io sgrano i miei già grandi occhi e rispondo: "Può darsi, sono venuta a Salerno a cantare sia tre che due anni fa..."
E insomma, questo corista si ricordava che tre anni fa un coro genovese composto da sole donzelle di arancione vestite ha vinto il secondo premio (con il primo non assegnato) al concorso di Salerno, e lui era amico del direttore salernitano che ci ha accompagnati al pianoforte.
Non solo: l'anno dopo noi, le donzelle in arancione che nel frattempo si sono evolute da coro a voci pari a coro a voci miste, siamo tornate a Salerno per il concorso, classificandoci prime assolute. Il coro in cui cantava questo corista si è piazzato secondo, subito dietro di noi. Personalmente io pensavo che avrebbero vinto loro, o al massimo primi ex-aequo con noi. 
Le polemiche che ne sono derivate dopo dagli esperti del settore non ci hanno fatto effetto più di tanto e siamo andati avanti per la nostra strada con il nostro primo premio assoluto dopo soli cinque mesi dalla nascita della formazione mista. 
E adesso, dopo tre anni, questo corista si ricorda perfettamente di me. 
Mi viene un dubbio: ma sono davvero una persona di cui non ci si scorda facilmente o è lui che è particolarmente fisionomista e gli sono rimasta molto impressa?

In ogni caso, sono belle cose. Cantare in coro vuol dire anche questo. 

martedì 1 dicembre 2015

Innere Deutsche Monolog

  Es ist nicht einfach, die Tochter einer Lehrerin zu sein.
Du bist immer allein und kann nicht mit deinem Vater oder deiner Mutter über irgendetwas diskutieren. Das ist sehr negativ, glaube ich.
Es ist nicht einfach; ja, ich weiß das gut. Meine Mutter ist immer in der Schule mit seinen Kollegen und seinen Schülern, und...sie hat keine Zeit für mich. Das tut mir so weh.
Ich wohne weit von meinen Eltern. Wenn ich in meiner Stadt bin, fühle ich mich überhaupt nicht gut. Die klassische Frage: "Und sag mir mal: wann fährst du (endlich) nach Triest zurück?"
Das ist die Wahrheit. Mutti sagt, dass es nur quatsch ist. Sie sagt, dass sie das nicht wirklich denkt. Aber warum sagst du das? Du kennst mich sehr gut und weißt genau das: wenn ich mich nicht gut fühle, hab ich das sogenannte 'mal de vivre'. Ich glaube, nicht akzeptiert zu sein. Und kennst du die Folgen? Natürlich nicht, weil du hast keinen Interesse dafür.
Wenn ich aber in Triest bin, fragst du mir immer: "Wann wirst du nach Hause reisen?" Zuerst: in Triest bin ich 'Zuhause'. Dann: nie! (Bwahahahahah!) Nein, das war quatsch :P Ich werde sicher zurückkehren, aber ich will keinen Stress. Und ich weiß schon, dass es absolut unmöglich ist.

Warum habe ich diesen inneren Monolog auf deutsch geschrieben? Damit du mich nicht verstehen kannst.
Oder...wenn deine Übersetzerin dir auf italienisch gelesen hat...damit du ein bisschen über dieses Thema reflektieren kannst.

Und jetzt...es ist fast 1 Uhr morgens. Ich bin sehr müde.
Bis bald, dann!

lunedì 30 novembre 2015

Eine Freundin und der Weg-Mann

Manchmal passiert etwas, dass dich persönlich nicht interessiert...aber eine Freundin schon.
Meine Freundin hatte einen Mann. Dieser Mann ist jetzt ...weg.
Ich kenne die Gründen nicht, aber ich bin absolut sicher, dass sie viel darüber gesprochen haben und dass die Entscheidung dass sie getroffen haben positiv ist. Wenn du mit einer Mensch nicht gut fühlst, ist dann er nicht was du suchst.
Ich weiß genau (oder fast...!) wie meine Freundin in August fühlte. Als ich in Österreich war, hat sie mir viele Nachrichten geschrieben. Ach, sie war so glücklich! Sie war im Himmel! Und ja... natürlich war ich glücklich. Ich wusste, dass sie eine Person brauchte, die nah blieb und alles mit ihr teilte. Er hat das gemacht aber es genügte nicht, leider.
Auf jedem Fall hoffe ich, dass meine Freundin die Stärke nochmal findet und das Leben ihr nochmal lächelt.
Sie ist eine ganz besondere Frau und ich hab sie sehr lieb.
Das Leben ist so kurz, und die schlechte Männer sind nur ein Teil dieser langen Reise.
Und weißt du das: wenn du mich brauchst, bin ich immer da.

sabato 28 novembre 2015

Schnitzel e ti senti a casa

Oggi è sabato.
Come (quasi) tutti i sabati ho fatto il mio pellegrinaggio al centro commerciale a Villesse, vicino Gorizia.
Là c'è anche l'IKEA. Quanti sabati passati là dentro!
Oggi, dopo il consueto giro da IKEA e dal mitico negozio di scarpe Deichmann, ho deciso di pranzare da "Wiener Haus", una trattoria che fa piatti tipici di Vienna e dell'Austria.
Il mio pranzo è stato una gigantesca Wiener Schnitzel. Una roba che sembra una cotoletta ma che è molto più buona!!
E in un attimo mi sono sentita a casa. La nostalgia della "mia" Vienna è sparita.
Giusto il tempo di una Schnitzel.

mercoledì 25 novembre 2015

La valvola della discordia

Domenica pomeriggio. 
Io sono comodamente svaccata sul letto a smanettare con l'ennesimo testo da tradurre - una gioia, proprio - quando Conqui fa capolino in camera mia. "Cecy, la caldaia non funziona", mi dice. 
Il primo istinto sarebbe quello di dirle di leggere il pratico manuale d'istruzioni. Invece mi alzo e vado alla ricerca del problema. Pressione zero. Molto bene: cosa devo fare? Apro il manuale, leggo, carico la caldaia, chiudo la valvola e torno alla mia traduzione.
Neanche dieci minuti dopo riecco Conqui: "Cecy, la caldaia non funziona ancora". E ma porca miseria, l'ho messa a posto dieci minuti fa. E vediamo dove sta il problema. Pressione troppo alta, questa volta. E vabbè, depressionizziamo. Dov'è il problema? Il problema è che non trovo la valvola! Dopo una buona mezz'ora di ricerche riesco a far diminuire la pressione. 
Ma la gioia dura poco: la caldaia adesso perde. A quel punto inizio a non vederci più: è cosa nota infatti che io mi scaldi molto facilmente e che perda rapidamente sia la pazienza che l'autocontrollo. Le valvole sono chiuse ma la pressione sale da sola. Ma perché? 
Non c'è tempo per porci domande stupide: togliamo acqua dalla caldaia. Armata di bottiglia da un litro e mezzo e una bacinella, inizio a togliere acqua. Quest'azione dura tutta la domenica pomeriggio, e addio traduzione. 
La sera siamo ancora nei casini, e decidiamo di scrivere al Boss che abbiamo problemi con la malefica caldaia e di venire a dare un'occhiata. Lui - come sempre - non risponde, ma noi sappiamo che il giorno dopo si sarebbe materializzato. Posizioniamo una bacinella sotto la caldaia, per precauzione. 
Detto questo, andiamo a dormire leggermente distrutte.

Lunedì mattina. Ore 6. 
A svegliarci è ... il campanello di casa. Non so per quale strano miracolo io l'abbia sentito: di solito non mi svegliano nemmeno le cannonate. Apriamo e ci troviamo davanti una vecchietta urlante. E' la sciura del piano di sotto - che da questo momento chiameremo La Sciura - che ci urla in triestino che le entra acqua in casa. O meglio, che "l'acqua le spande in casa".
Noi, rincretinite, non capiamo niente finché non entriamo in cucina. La bacinella che stava sotto la caldaia era piena fino al bordo e il pavimento della cucina non vi dico in che stato era. La Sciura allora inizia praticamente a insultarci dicendo che lo abbiamo fatto apposta. Mi verrebbe solo da urlarle di tutto, ma mi limito a cercare di arginare la maledetta perdita. A quel punto entra in scena anche la nipote della Sciura, che per telefono praticamente mi dà della cretina. No ma grazie mille, eh. Sono le sei di mattina anche per me. 
A quel punto avevo una gran voglia di prendere a sprangate la Sciura che ci dice di telefonare al Boss. Conqui e io ci godiamo la scena. Alle sei di mattina il Boss non si sarebbe mai-mai-maissimo-mai-nella-vita presentato a casa nostra! Nel frattempo ci raggiunge la Nipote, ed è lei a telefonare al Boss. Il quale, con una calma disarmante, dice di sfiatare i caloriferi, aggiungendo che sarebbe arrivato per le otto. La Sciura a questo punto s'incazza come una belva, rifà il numero e ... ottiene la stessa risposta. Il Boss sarebbe arrivato alle otto, caso chiuso. 
Quando, finalmente, il Boss si degna di onorarci della sua presenza, controlla la caldaia e mi dice a) che non ho chiuso bene la valvola di carico e b) che sono una cretina. Beh ma allora se volete andare tutti a quel paese fate pure, eh. Continuate, dài. Quando avevo chiuso la valvola, l'avevo sforzata al punto che ancora un po' mi rimaneva in mano! Se non era chiusa così vuol dire che c'era qualche problema. E invece no: secondo il Boss e secondo la Sciura il problema è che io sono una cretina. La Nipote almeno mi difende, e fa notare al Boss che sarebbe il caso di dare una controllatina all'impianto dal momento che era la TERZA VOLTA che si verificava una stramaledetta perdita. Le inquiline cambiano, l'appartamento e la caldaia sono sempre gli stessi. E allora non fare l'istriano e dai una controllata! No, perché la cretina sono io. Perfetto, vai così. 
Ma ora bene che abbiamo appurato che sono una cretina, il tecnico lo chiamiamo sì o no? Vogliamo rimanere con questa perdita o vogliamo anche sapere dove sta il problema? 
Intanto il Boss, Conqui e io continuiamo a tirare su acqua dai caloriferi e vediamo che più acqua tiriamo su e più la pressione si alza. E ma così non è mica tanto normale, eh. 
Io insisto nel dire che il problema è la valvola che non regge, ma il Boss sembra non ascoltarmi. 
A quel punto io devo andare in Uni - e mi tolgo da questo covo di pazzi - mentre Conqui rimane a casa. Quando, due ore dopo, torno ... Conqui mi riferisce che avevo ragione io. Infatti è venuto il tecnico, il quale ha fatto notare al Boss che il problema era che la valvola di carico non teneva più. 
E io mi sono beccata insulti sia dalla Sciura che dal Boss. Entrambi si sono scusati con me (il Boss subito, la Sciura nel pomeriggio quando è venuta su a chiedermi come si fosse risolta la situazione) e adesso noi abbiamo una caldaia con entrambe le valvole perfettamente funzionanti.
E soprattutto anche il tecnico ha confermato che il procedimento che io ho seguito per caricare la caldaia era giusto: il casino è nato per colpa della valvola e non per colpa mia. 

In tutto questo, a me viene da ridere.
Quando ai tempi mamma è andata a vivere da sola a Reggio Emilia è rimasta giorni interi senza acqua calda e riscaldamento perché non riusciva ad accendere la caldaia. A salvarla è arrivato un suo amico emiliano all'urlo di: "Ma è una cassàààààta!"

Morale della storia: 
Mai rivolgermi la parola urlandomi e insultandomi in triestino alle sei di mattina. O meglio: potete farlo, ma non se ci tenete alla vostra vita. 
Lettori avvisati. 

lunedì 23 novembre 2015

CENTO!!!

Siamo arrivati a un punto molto importante per il mio spazietto in Rete.
Siamo arrivati al post numero cento.
Un numero importante.
Il blog è nato per caso, prima di intraprendere un viaggio straordinario. Ora non riesco ad aggiornare come vorrei a causa di troppi impegni ma non significativi.
Prossimamente arriverà un post sul disagio di oggi 23 novembre... ma intanto... io stapperei uno champagne per il centesimo insensatissimo post.
Ad maiora!

domenica 22 novembre 2015

No, niente

No, niente.
Ho ritrovato la collana.
Certo, era in un posto abbastanza improbabile. Che cacchio ci faceva una collana in fondo a una borsa non è lecito sapere.
In ogni caso la mia collana che ho comprato il giorno del mio compleanno appena arrivata a Vienna è ancora qui.
E starò ben attenta a non perderla.

Intanto mi ero dimenticata di aver comprato del cioccolato.
E scusate ma sono felice!

Ancora una volta

Ma basta!
Ma non è possibile!
Ma non si può andare avanti di questo passo!

Ho perso l'ennesima collana.
Faccio decisamente schifo.
E mi sento anche una cretina.

Almeno la collana con le stelle alpine è al sicuro.

martedì 17 novembre 2015

La nobile arte del concertare

Tra una cosa e l'altra (influenza compresa), non sono più riuscita ad aggiornare.
Ma ora recupero immediatamente, perché il concerto del 13 novembre merita un post tutto per sè.

Tanto per cominciare, il concerto è il primo di una lunga serie di eventi per festecciare i venticinque anni dalla fondazione del coro. Il programma era completamente di musica sacra, Gott sei Dank!
Il programma era il seguente: cantare a una messa e, terminata la funzione, concerto.
Benissimo: che problema c'è?
Il problema è che, essendo io arrivata nel coro circa un anno fa, non conoscevo quasi nessuno dei brani che avremmo cantato alla messa. E vabbé: spartiti, diapason e metronomo....e via con lo studio! Sono abbastanza impazzita, ma ne è valsa la pena. Ho letto tanti di quei brani tutti insieme che come abbia fatto a impararli bene rimarrà ora e per sempre un mistero.
Al concerto chi c'era? Coro junior, Coro senior e un buon numero di ex-coristi, tornati per l'occasione a cantare insieme a noi. A dirigerci, non uno ma ben due direttori: uno, quello attuale, che chiameremo con il nome di fantasia di DirettoreK; l'altro, il fondatore del coro, che chiameremo con il nome di fantasia di Fondatoredelcoro.

Ed ecco un po' di "nanetti" (cit. Nino Frassica) da messa+concerto:
-un'ora prima della messa, DirettoreK decide di cambiare il brano da cantare all'offertorio. Cavolo, era uno dei miei preferiti. E ne mette uno che non so e che non ho mai sentito. E vabbé. Almeno mi riposo un po'.
-io detesto tantissimo l'incenso: appena lo percepisco, i miei occhi iniziano a gonfiarsi e a lacrimare. Non vi dico la quantità d'incenso in quella chiesa, ma non si sa bene come i miei occhi non si sono gonfiati né niente.
-in programma c'erano tre brani della Deutsche Liturgie del mio amato Felix Mendelssohn-Bartholdy: Kyrie, Heilig (Sanctus) e Jauchzet dem Herrn aller Welt (salmo). Ho passato tutta la settimana a studiare Kyrie e Heilig, mentre allo Jauchzet ho dato una rapida occhiata la sera prima a prova (stupendo Fondatoredelcoro con le mie abilità di lettura a prima vista!). E insomma: mentre ci disponiamo, scopriamo che cantiamo solo Jauchzet. Bene: una settimana a studiare per niente. Fantastico.
-come Coro senior abbiamo eseguito due brani che abbiamo cantato talmente tanto che non avevano bisogno di prova acustica né di prova di posizione né di niente. E infatti sono venuti benissimo.
-Fondatoredelcoro mi ha chiesto se io a Genova già cantavo. Ehm, diciamo che canto da quando ho 9 anni e ore ne ho 21. Quindi molto decisamente sì. Lui mi fa il nome di una bravissima direttrice di coro genovese e mi chiede se la conosco. La sua faccia quando gli ho detto che per tutti quegli anni ho cantato da lei era da filmare. E soprattutto: "Ecco come hai fatto a leggere Jauchzet a prima vista!"
-abbiamo eseguito anche "Abendlied" dell'altro mio grande ammmmmore, Josef Rheinberger. E' un brano che ha come testo il passo del Vangelo che dice "Resta qui con noi, Signore, perché si fa sera e il giorno già giunge al tramonto". E' un brano talmente bello che ti fa sentire come se lassù ci fosse davvero qualcuno o qualcosa. (Non entro in questioni religiose perché sennò finisco di scrivere domani mattina!) E insomma, eseguiamo questo meraviglioso brano. DirettoreK dice che è venuto bene. Sarà, ma a me sembrava di un tono più basso.
-DirettoreK ogni tanto ha delle idee alquanto bizzarre. In programma avevamo "Love of my life" dei Queen. Personalmente a me non piace, anzi... diciamo pure che mi fa due palle così. DirettoreK presenta il brano, si gira, ci guarda e bisbiglia: "Mischiatevi". Detto in italiano: MA SEI FUORI? Come fai a pensare di cambiare la disposizione in concerto? Vabbé, mischiamoci. Io mi piazzo tra un tenore e un basso: se proprio mi devo mischiare, mi metto in mezzo a due che sanno bene le loro parti. Il grande dramma è che io non sentivo PER NIENTE gli altri contralti. Cosa ne so, magari nessun contralto ha aperto bocca e io ero l'unica a cantare!
-il modo migliore per attaccare al momento giusto è respirare in anticipo. Io stavo per attaccare nel momento sbagliato, ma mi sono salvata...respirando al momento sbagliato. Quella frazione di secondo che mi ha permesso di capire di stare sbagliando e quindi mi ha salvata da una grandissima figuraccia!
-dopo il concerto, ci si cambia di corsa per andare a cena tutti insieme alla vicina pizzeria. In tutto eravamo una settantina di coristi. E settanta coristi in una pizzeria vuol dire che almeno uno a un certo punto si alza ed esclama: "Dai, cantiamo *un brano*!!!!". E infatti: un corista, che chiameremo con il nome di fantasia di Rocco, si alza e propone di cantare "il Daemon". Un casino di brano. Un'esecuzione meravigliosa. Immagina, puoi.

Salutando poi i coristi prima di andare a casina a dormire, uno dei tenori - nonché il Presidente dell'associazione - mi abbraccia e mi ringrazia. Io lo guardo stupita e gli chiedo per cosa. Lui mi risponde: "Perché ci hai dato un aiuto grandissimo". Io sono sempre più perplessa ma sono felice della cosa. Il che vuol dire che non sono così inutile come pensavo. La mia testa è ancora collegata  a una realtà corale in cui io sono completamente inutile, in cui non esisto, in cui anche se non ci sono non se ne rende conto nessuno...ma in cui appena fai un errore tutti ti puntano il dito contro. Il fatto che in questa realtà corale tutti - ma tutti tutti! - mi trattino con così tanto affetto non può non farmi sentire accolta e coccolata.

Che bella, la vita da corista.

martedì 10 novembre 2015

Ginger choir

Le amicizie migliori sono quelle nate in un coro.
Anche se canto qui da quasi un anno mi sembra di essere parte di una grandissima famiglia. 

Ogni corista trova sempre un compagno di deliri.
Io la mia compagna di deliri ce l'ho. Con uno sguardo ci capiamo al volo e scoppiamo a ridere.
Anche perché basta urlare "MOOOOSECA!" con la voce di Enrico Papi...

La compagna di deliri è cocola. Molto cocola. 
Talmente cocola che, sapendo che ero giù di voce, ieri mi ha portato le caramelle allo zenzero.
Non si può non volerle bene! 

MOOOOOOSECA!!!

domenica 8 novembre 2015

Voce allo zenzero

Da quando sono tornata da Vienna con un male alla gola allucinante e un raffreddore che sembrava non passare mai, ancora non mi sono ripresa vocalmente.
Sono giorni che sto male, anche se ora - soprattutto grazie alla mitica arnica - la mia gola sembra soffrire un po' meno di prima.
Oggi c'era qui in centro la Fiera del Cioccolato. C'era anche un grandissimo stand con the di tutti i tipi, compreso lo zenzero.
Io ADORO lo zenzero. Sono dipendente dallo zenzero. Nel mio armadio in cucina ho due scatole enormi di the limone e zenzero. E' il the più buono della terra.
E insomma, la signora dello stand mi ha chiesto se volessi assaggiare una caramella allo zenzero, aggiungendo che fa molto bene ai cantanti e a chi ha male alla gola.
Provo la caramella.
Mi fa benissimo.
La mia voce sembra già essere tornata in forma.

Dio salvi lo zenzero. Ora e sempre.

mercoledì 4 novembre 2015

E poi?

Ogni tanto, quando sono stanca, il mio neurone solo parte per la tangente e inizia a fare ragionamenti sempre più assurdi. Questo tante volte mi impedisce di godermi tutto quello che ho per concentrarmi su quello che vorrei avere.
Sono solo all'inizio del mio secondo anno triestino, eppure sto già pensando a quando dovrò ben affrontare il test per entrare alla magistrale. Perché ovviamente c'è un test, e CHE test. Non è affatto semplice. Anche perché se da qui escono i migliori interpreti vuol dire che la facoltà non è proprio uno zuccherino. E in effetti già adesso me ne accorgo. 
Comunque, non divaghiamo: sto già valutando l'idea di che percorso fare con quali lingue e quale combinazione. L'idea che ho in questo momento è interpretazione di conferenza (ovvero "quella che parla") usando francese B e tedesco C. Per i non addetti ai lavori: nel campo dell'interpretazione ci sono tre tipi di lingue. La lingua A, che nel mio caso è l'italiano, è la mia lingua madre di cui ho una piena padronanza (anche se dal mio modo di scrivere e di esprimere concetti non si direbbe..!). La lingua B è invece una lingua che usi sia come attiva che come passiva. Attiva vuol dire che traduci "verso", passiva che traduci "da". Nel mio caso, vorrei utilizzare francese come lingua B: interpreterei quindi ITA-FRA ma anche FRA-ITA. La lingua C è una lingua che usi solamente come passiva, e vorrei che la mia lingua C fosse Sua Maestà Die Deutsche Sprache. Interpreterei quindi solamente DEU-ITA. Per ora il progetto è questo, ma è ancora presto per valutare esattamente la combinazione linguistica e il percorso accademico da affrontare. Questo solo dal punto di vista puramente accademico.
Dal punto di vista personale - e qui arriviamo al vero motivo dell'assurdo ragionamento di oggi - sto cominciando ad avere una paura fottuta del suddetto test. Non tanto linguisticamente parlando quanto per il fatto che io già normalmente mi cago in mano per un niente, figurati per un test del genere. È una cosa bestiale, sul serio. E la mia paura non è tanto il test in sé quanto... quello che succede se io quel dannato test non dovessi passarlo. Vorrebbe dire una sola cosa: che devo tornare a Genova. E io tutto voglio meno che tornare laggiù. Davvero, io là ci sto male. Ma male. Ma malissimo. Mi sento schiacciata e oppressa, mi sento compressa, mi sento uno straccio. Non ho tutto quello che qui sto costruendo anche a fatica, come per esempio il fatto di poter costruire rapporti di amicizia. A Genova NON ci si riesce nella maniera più assoluta. Qui a TiEsse sono nel mio paradiso, sto bene, ho conosciuto e sto conoscendo persone favolose (e il prossimo che mi parla male dei triestini si becca una vacanza in Liguria!), vado a teatro senza pagare con il sangue, canto in un coro in cui mi sento perfettamente a mio agio e in cui mi sembra di cantare da sempre... Ho davvero trovato il mio posto nel mondo.
E se penso che se non dovessi passare quel test dovrei lasciare qui tutto ciò che di bello sto costruendo mi viene un secondo il mal di vivere.
Ma ancora è presto per pensarci. Ma si sa che quando la Cecy si mette in testa una cosa è difficile distoglierla dalle sue idee. 
La cocciutaggine infatti è la cosa che amo di più del mio carattere. 

lunedì 2 novembre 2015

Lorenzo, o come dicevan tutti Renzo

Oggi è il 2 novembre. Il giorno in cui si ricordano tutti i defunti.
Tra i tanti, ci sei anche tu.
Non ci vedevamo mai. Ma mai. Solo nelle feste comandate, rigorosamente a pranzo a casa nostra. Non sapevo tanto di te, talmente poco ci vedevamo.
Ciò che sapevo era che cantavi anche tu. Eri un basso. E che basso. Quanto diavolo arrivavi giù con le note! mi facevi quasi impressione.
Ma poi te ne sei andato nel modo più improvviso possibile. Non se lo aspettava davvero nessuno. E' stato un colpo durissimo. Quel 21 marzo 2012 non riesco proprio a dimenticarlo. (E per ironia della sorte, quel simpaticone del mio prof di italiano proprio quel giorno ha deciso di spiegare I Sepolcri di Foscolo...) 
Quando, pochi mesi dopo, mamma ha comprato la tua macchina...ho scoperto qualcosa che mi ha fatto stare ancora più male. 
Era cosa nota che tu fossi un gran musicofilo. Ascoltavi davvero di tutto, ma principalmente tanta, tantissima classica. Come me. 
Quello che io non sapevo - e che forse non sapeva nessuno - era che nella tua macchina c'era un porta-CD pieno zeppo di musica. Ma quale tipo di musica? Quella che ascoltavo io, pari pari. Musica classica in quantità sovrumana, musica italiana leggera (indimenticabile il CD in cui "La voce del silenzio" di Mina compare la bellezza di tre volte!)
Ma CHI si sarebbe mai aspettato di trovare un CD con sole canzoni di una delle più grandi cantanti francesi ovvero Françoise Hardy? E che, non parliamo del CD di canzoni del Quartetto Cetra, che io adoro? E parliamo anche di un CD con sole canzoni di Ute Lemper, cantante tedesca che - tra le altre cose - ha anche doppiato Esmeralda nel cartone Disney "Il Gobbo di Notre Dame" facendomi piangere quando sono riuscita a vederlo e capirlo in tedesco? Vogliamo parlarne? 
Questa scoperta mi ha fatto stare malissimo. 
In famiglia infatti pensavo di essere la sola a sentire e apprezzare quel tipo di musica. Tutti infatti amano il jazz, il rock, il qualsiasi-altra-cosa-ma-non-classica-e-non-italiana. E invece tu eri l'unico a cui piaceva anche il Quartetto Cetra sì e no quanto piace a me. 
Ciò che mi fa stare ancora peggio è che... se tu fossi ancora vivo, io non saprei niente di tutto questo.

E' stato solo un brutto scherzo che il destino ha voluto fare un po' a tutti.
Ai miei nonni ha tolto un figlio. A mia mamma e a mio zio ha tolto un fratello. A me ha tolto uno zio ma anche un potenziale appoggio per la musica e chissà per che cos'altro.

E lo zio Renzo ("Lorenzo, o come dicevan tutti Renzo", così diceva il buon vecchio Manzoni) lo voglio ricordare così

El cocal ziga

Ho un'amica, che poi è anche una compagna di corso, sarda.
La chiameremo con il nome di fantasia di Pizzu.
Pizzu abita nel palazzo di fronte a me. Dalla mia cucina, se mi affaccio, vedo lei nella sua cucina. Spesso e volentieri ci urliamo cose da un palazzo all'altro. Anche in lingue assurde: in comune abbiamo, oltre all'italiano, il tedesco e l'olandese.
Ieri Pizzu mi ha scritto chiedendomi se avevo voglia di fare un giretto in centro.
C'è la bora e io sono ancora un po' acciaccata, ma accetto volentieri. Anche perché ero da tre ore attaccata al computer a guardare il telegiornale tedesco alternato a quello olandese e mi stavano per saltare i nervi.
E insomma, usciamo. Andiamo in piazza Unità e ci sediamo dalle alabarde lato Lloyd. Il punto più ventoso di tutta la piazza. Si dice che lato Lloyd ci devono andare solo i masochisti e i surfisti. Ma là c'era il sole, e quindi...
Ci mettiamo là a ripetere le regole di grammatica olandese e, già che ci siamo, ripassiamo le prime nozioni di LIS.
Mentre torniamo verso casa, Pizzu mi chiede di insegnarle qualcosa in triestino.
Le prime due parole che mi vengono in mente sono "cocal" (gabbiano) e "zigar" (gridare).
La prima frase che Pizzu ha imparato in triestino, dopo un anno qui, è "el cocal ziga".
E dato che nella nostra zona di cocai troppi ce ne sono, va più che bene.

giovedì 29 ottobre 2015

Afonia e ritorno a "casa"

Da quando sono tornata da Vienna, per colpa dell'aria condizionata nello scompartimento del treno la mia voce ha ben pensato di lasciarmi. Però martedì sera sono andata ugualmente a prova e ho provato a cantare. Programma della sera: Rachmaninov (ovvero "come rimanere definitivamente afona nel giro di cinque battute"). Stamattina avevo quella che spesso definisco voce da trans perciò ho scritto al direttore che no, stasera a prova non ci sono. Non voglio distruggermi più di quanto già non la sia.
Lui che fa? Cocolissimo, mi chiama e mi chiede come sto. A fatica rispondo che non ho voce, che ho una tosse cavernicola e che parlo come un trans e a cantare non ci arrivo.
In compenso però lui mi dà LA notizia.
Il 23 dicembre si concerta.
Questo vuol dire che io a """""casa"""" ci torno il 24.
Non potrei essere più felice.
Sì sì dai, datemi della cinica, della stronza, della [inserire insulto a piacere]... ma io ho le mie ragioni.

E comunque, a partire dal 1 gennaio fino al 31 dicembre 2015:
-2 giorni a gennaio (residui di vacanze di Natale)
-5 giorni a Pasqua
-15 giorni a luglio
-7 giorni a Natale
Fanno 29 giorni.
29 giorni in cui sono stata a Genova.
29 su 365. Un mese su dodici. Direi un ottimo risultato.
Anche per questo non potrei essere più felice.

Farò in modo che il mio 2016 possa eguagliare questo primo anno solare così splendidamente, immensamente triestino.

lunedì 26 ottobre 2015

Cari moscerini

Cari moscerini che ronzate qua e là in centro a Trieste,
posso capire che la vita da moscerino faccia schifo,
posso capire che siate tristi perché la vostra moscerina se la fa con un moscerino più figo,
posso capire che Trieste non sia il massimo della vita,
e posso anche capire che magari preferiate un'isola tropicale piuttosto che una città mitteleuropea.

Ma se proprio volete suicidarvi...
...non fatelo volandomi sul naso.
O ancora peggio, sugli occhi.


domenica 25 ottobre 2015

Se puoi sognarlo, puoi farlo

Rieccomi a casa dopo questi due meravigliosi giorni viennesi. 
Due giorni a dir poco indimenticabili.
Se ci penso, ancora ho i brividi addosso.

Quando senti Pia Douwes che canta "Erinnerung" ("Memory" in originale) del musical "Cats" non riesci a non commuoverti.
Quando sempre Pia canta un brano tratto da "My fair lady" gli occhi sono sempre più lucidi.
Quando Pia Douwes e Maya Hakvoort cantano insieme "Ich gehör nur mir"... il cuore ti fa crack, gli argini si rompono e giù con le lacrime. E' stato indescrivibile. Le loro voci, perfettamente fuse l'una con l'altra e in perfetta armonia, hanno dato vita a una performance che non può essere commentata in nessun modo perché ogni parola non è sufficiente a esprimere ciò che ognuno di noi ha provato. Ne è stata la dimostrazione un applauso durato una decina di minuti che ancora un po' faceva venir giù il teatro e una standing ovation per queste due immense artiste.
Dopo ho avuto la fortuna di poter fare una foto con loro, ma non sono riuscita a raccontare loro tutta la mia storia. Lo farò attraverso una mail. Loro devono sapere quanto sono state importanti per me. 

La mia giornata di ieri, sabato 24, è stata strana. Ho ritrovato tutti i luoghi in cui sono stata un mese. Mi sono sentita incredibilmente bene. Pensavo che sarebbe stato strano, e invece è stato come tornare a casa. In una città che amo tantissimo e che mi ha lasciato tantissimi ricordi positivi. 
La solita spesona da Thalia mi ha fatto capire che io non potrei vivere lì perché sennò sarei perennemente al verde. 
In treno - l'EuroNight dell'altra volta - ho dormito un pochino e sono arrivata a Trieste meno rintronata dell'altra volta. Complice anche il fatto che stavolta avevo una valigia piccola e una borsa. Ma per assurdo sono quasi più carica di emozioni questa volta che in tutto agosto.

Ho potuto abbracciare le due donne grazie alle quali studio qui e studio tedesco.
E c'era anche Stefania, quella da cui è nato tutto.
Avevo la mia "Triade" davanti agli occhi.
Non potrei essere più felice. 
Se è un sogno, non svegliatemi. 

venerdì 23 ottobre 2015

On the road to Wien

Ancora una volta sono in viaggio.
Ancora una volta verso la mia amata Vienna.
Per la prima volta il mio point zéro non è Milano. Passerò infatti da Udine e da Villach.
Sarà un viaggio lungo ma da fare ce n'è. Ho da preparare una presentazione in olandese e da studiare lingua italiana per l'esame di febbraio. Non mi annoierò di certo.
Insieme a me ci sono il mio fido compagno Pascal e la new entry viennese ImPaperatrice Sisi, la quale ora è sul tavolo che mi osserva perplessa.
Sono a bordo di un bellissimo treno della regione Friuli Venezia Giulia, o meglio della città di Udine. Bello, pulito, funzionale... ha anche le prese della corrente!
Oggi prevedo tanti aggiornamenti e tante sorprese.

Wenn du 's träumen kannst, kannst du 's auch tun.

martedì 20 ottobre 2015

Pausa uguale viaggio

Il 2 febbraio ho il mio stramaledetto malefico (aggiungere insulti a piacere) esame di Lingua Italiana 1. La sessione straordinaria dura fino al 14.
Ciò implica che ho la bellezza di 12 giorni di pausa prima di ricominciare le lezioni.
Non sarebbe male se io riuscissi a fare un giretto da qualche parte in Italia.
Dico in Italia perché in Austria già ci vado adesso e perché non ho un cash infinito e quindi forse rimanere in Italia mi permetterebbe di stare un pochino più leggera con le spese. Ma chi voglio prendere in giro? Io sono sempre e comunque Mani Bucate.

La verità è che voglio ( V O G L I O ) tornare a Firenze.

Ho visitato Firenze la prima volta nel 2010, quando ero in seconda liceo. Una giornata in quella città meravigliosa. Un caldo allucinante e noi a camminare sui lungarni, ma meravigliosa.
Quando ci sono tornata, qualche mese dopo, con mamma e Sister, loro non riuscivano a credere che io fossi in grado di arrivare da Santa Maria Novella a Piazza della Signoria senza usare una cartina. Eh eh eh, e invece...
Quel giorno faceva un freddo bestiale. Presente quando dici "Il freddo mi è entrato nelle ossa"? Ecco, quello. Noi ne venivamo da un'ora di treno da Pisa e ... troppo freddo, decisamente. Nota positiva: l'Edison. Gott sei Dank.
Poco più di un anno dopo, a Pasqua 2012, abbiamo beccato le giornate più piovose di tutte. Ci aspettavamo che Noè facesse via dei Calzaioli con l'arca per venirci a raccattare davanti al Duomo.
L'ultima volta che sono stata a Firenze era nel 2012 a sentire Roberto Benigni che recitava il XXII canto dell'Inferno. Indimenticabile.

I miei ricordi di Firenze sono tutti estremamente positivi.
Voglio aggiungere altri ricordi fiorentini al più presto.
Sarebbe meraviglioso se riuscissi a tornare giù a febbraio. Ma in ogni caso quanto prima.
Perché mi ricordo bene la prima parola che ho detto appena scesa dal treno in Santa Maria Novella in quel freddissimo mattino del 4 gennaio 2011.
"CASA".

Ricominciamo tedesco

Oggi alle 9h30 (sì, io scrivo l'ora come i francesi) ho ricominciato le lezioni di tedesco.
Due "bellissime" ore in compagnia di Moira, la prof con la cofana che sta in piedi grazie a leggi fisiche non ancora conosciute.
Quest'anno gli esami dei lettorati di tedesco non sono più scritti bensì orali.
Perfetto. Nelle lingue straniere il mio punto di forza è proprio l'orale. Diciamo che vado abbastanza fluida e riesco a non andare troppo in ansia. Dal punto di vista linguistico, s'intende. Dal punto di vista contenutistico vado in palla in qualsiasi esame, orale o scritto che sia.
Ma torniamo a noi.
Giusto per fare un po' di conversazione, la Moira chiede se qualcuno di noi è stato in un paese germanofono.
E allora entro in scena io, con i miei 31 Tage in Wien. Le racconto del mio mese viennese, del mio corso di tedesco, di tutto quello che ho visto e fatto in quella meravigliosa città.
Mi sono sentita dire che ho davvero migliorato tantissimo il mio tedesco e che ho un accento austriaco ottimo, il che vuol dire che veramente mi sono impadronita della lingua. Anche perché sentendo i miei compagni... si sente che loro parlano con l'accento italiano.
Sia ben chiaro che io non sto dicendo di essere perfetta, anzi ne ho ancora da lavorare. Ma già è un passo avanti rispetto all'anno scorso.
In più mi sono anche sentita dire dalla Moira che sì, sono migliorata dall'anno scorso perché lei si era accorta che avevo una paura allucinante di aprir bocca e di dire cose mentre invece oggi ero molto più fluida del solito e non avevo ansia. Sì Moira, credici.
Quest'anno tedesco è partito con il piede giusto.
Spero che vada avanti così.
E quest'anno alle lettrici farò un mazzo così.

domenica 18 ottobre 2015

Muà, j'paaaaarl fransè

E' un'approssimazione di come io dico "Moi, je parle français". 
Non ho mai capito se si deve dire "fransé" con la e chiusa o "fransè" con la e aperta. Io dico fransè con la e aperta anche se tantissimi dicono fransé con la e chiusa. Anche in Francia ho sempre sentito fransé e quindi credo che sia giusto così.
In ogni caso... moi, je parle français.
Ho cominciato a parler français quando avevo undici anni, in prima media. Un incontro folgorante con una delle lingue più belle del mondo. Roba che a me il francese piace ancora di più dell'italiano e del tedesco messi insieme.
Certo, ha una grammatica che ti frega. All'inizio tutto è facile: è come l'italiano, basta mettere l'accento sull'ultima sillaba, accenti più o meno a caso e tutte le parole finiscono con "é".
Libertà diventa liberté. Città diventa cité. Facile, vero? E poi suona così...così...così italiano.
E' facile.
Facile finché non lo devi padroneggiare perfettamente.
E allora ti trovi a scontrarti con accenti acuti, accenti gravi, accenti circonflessi, doppie e, doppie esse, finali che non si pronunciano, "maintenant" che si pronuncia "mèntə
nan" e via dicendo. Per non parlare del grande problema di tutti i francesisti: la "erre" francese. Quel tipo di erre così talmente sensuale che solo un vero francese sa pronunciare. Un non-francese impiega anni per imparare ad arrotolare esattamente la erre. Io ho impiegato sei anni: ho imparato ad arrotolare perfettamente la erre francese quando, in terza liceo (quindi dopo tre anni di medie + tre anni di liceo), sono stata per una settimana a Parigi.
Per dare un'idea di quanto e come io arrotoli le erre, ascoltate Non, je ne regrette rien di Edith Piaf. 
Ecco. Io arrotolo la erre esattamente come lei. 
Provate intanto a dire "Non, rien de rien / non, je ne regrette rien" arrotolando così la erre. Io dico che non ce la fate. 
Adesso tanti francesi pensano che io sia bilingue italo-francese oppure che sia 100% francese e che semplicemente mi sia trasferita in Italia. Ehm....no, giuro che sono totalmente italiana e (purtroppo per me) non sono bilingue. Ma vorrei! 
Se studio qui a TiEsse è grazie al francese. Il mio test d'ingresso infatti era in francese. La lingua che mi ha permesso di dare alla mia vita quella svolta positiva di cui aveva davvero bisogno.

Ho dato l'ultimo esame di francese del primo anno a giugno. Da quel momento ho sempre e solo parlato tedesco, e a tratti olandese. Non parlo francese da quattro mesi. 
Domani finalmente ricominciano le lezioni di francese.
E le mie erre sono pronte ad arrotolarsi per bene.

venerdì 16 ottobre 2015

Noch 'n bisschen Wien - meno sette

Tra una settimana esatta sarò di nuovo a Vienna.
Sarò di nuovo da sola in quella città che tanto amo.
E ci sarò per vedere uno spettacolo.
Si chiama "We are Musical". Non fatevi ingannare, è in tedesco.
E ci sono anche per coronare un mio sogno: sentire dal vivo (e magari anche parlare con) le due performer che hanno inconsapevolmente fatto in modo che io potessi arrivare a fare quello che faccio.

Tra una settimana esatta mi starò preparando.
Starò come sempre cercando cose che non trovo, anche se con me avrò solo uno zaino e una borsa.
Non riuscirò a stare ferma un secondo e mi sentirò pervasa da un'euforia indescrivibile.

Provateci voi a stare calmi e rilassati all'idea che quella potrebbe essere l'unica occasione di conoscere due persone che in qualche modo vi hanno cambiato la vita.

E quindi è una piccola prosecuzione dei 31 Tage in Wien.
Noch 'n bisschen Wien.
O come dicono a Vienna, bissle.

lunedì 12 ottobre 2015

Nedrrrrlansia

Oggi è iniziato il mio secondo anno accademico triestino (terzo anno accademico in Università).
Avevo solamente due ore di olandese, che chiameremo Nedrrrrlands, con una prof che chiameremo con il nome di fantasia di Super Mario. Sì, è una donna.
Premetto che non mi ricordavo una cippa di niente. Avevo una paura matta di non capire niente e che la prof mi chiedesse qualcosa, con conseguente inevitabile figuraccia.
Invece ho capito tutto quello che ha detto.
E ci ha subito parlato degli esami.
Come dire...buongiorno anche a te!

Ci ha subito sciorinato una sequenza di vocaboli che mi hanno mandata non dico in crisi ma quasi.
Io pronta là con il mio quadernetto dei vocaboli a scrivere qualsiasi cosa.
Che ansia.

Io ho una paura boia dell'olandese. E' la mia grande sfida, ancora più del tedesco. Ora il tedesco è abbastanza stabile. L'olandese è come se fosse su un ponte di corde sopra un fiume di lava. Si potrebbe spezzare in ogni momento e io in quel fiume di lava potrei cadere da un momento all'altro.

Ma noi non ci perdiamo d'animo. Anzi, vado a finire di studiare.
E domani, che non ho lezione, faccio i biscotti.
Non c'entra niente, ma dovevo dirlo.

domenica 11 ottobre 2015

Voce dell'Irlanda

Nata in Irlanda. Non importa quando. 
In un paesino in cui ancora si parla il gaelico, che infatti è molto presente nel suo lavoro.
Nella sua famiglia tutti cantavano e suonavano. Anche lei ha iniziato a cantare insieme ai suoi fratelli e sorelle.
Poi ha intrapreso il cammino da sola, rimanendo sempre legata alla sua terra e alla sua famiglia.
Vive in un castello in cui trascorre il suo tempo osservando le nuvole, ascoltando la pioggia che cade e scrivendo musica. 
E' molto timida, molto chiusa e molto fragile. Raramente si fa vedere al di fuori delle mura del suo castello. 
Nelle sue canzoni si trova la pace, la calma, la tranquillità, la serenità. Sono frutto di un lavoro estremamente meticoloso. I cori di sottofondo infatti sono una quantità innumerevole di tracce registrate...sempre da lei. Lei lavora con un manager e una paroliera. Loro sono come la Trinità, come Padre Figlio e Spirito Santo. Uni e trini. Non si può pensare uno di questi tre elementi separato dagli altri due. E' assolutamente inconcepibile.
Lei non è una persona come tutte le altre.
E' una ninfa dei boschi. E' una fata. E' una creatura eterea. E' quanto di più vicino alla perfezione io abbia mai ascoltato. 
Quando ho sentito la prima volta un suo brano mi sono sentita trasportata in un'altra dimensione in cui tutto è perfetto, tutto è eterno, tutto è estremamente calmo e tranquillo, in cui la pace e l'armonia regnano sovrane.

Tra un album e l'altro, i tempi sono sempre molto lunghi.
Ma finalmente il 20 novembre in tutto il mondo potremo ascoltare la sua ultima fatica.
Quest'ultima fatica si chiama Dark Sky Island.
E questa fata si chiama Enya


venerdì 9 ottobre 2015

Bella la vita da bipolare

Nel caso non si fosse capito, io sono bipolare.
Molto bipolare.
Troppo bipolare.

Un attimo sono la persona più felice della terra e nel tempo di uno "snap" mi deprimo. Anche senza una ragione. Così, a caso, dal niente.
Prima saltello da tutte le parti come una palla, e dopo mi butto sul letto a pancia giù pensando che non ho voglia di fare una mazza.
A volte penso di star facendo la cosa giusta, a volte mi sembra di essere solo una cretina che sta qui a perdere tempo, soldi e energia.
A volte penso che diventerò l'interprete della Merkel, o che andrò a lavorare a Strasburgo o a Bruxelles al Parlamento europeo. Ma subito dopo mi viene da ridere istericamente perché so benissimo che non è che un'utopia.
E mi sono scelta anche una facoltà facile, mi dicono.
Ogni giorno mi tocca gestire dalle due alle quattro lingue, magari anche di conformazione diversa. E credetemi, non è affatto facile. Soprattutto quando hai due lingue apparentemente uguali che fanno interferenza l'una sull'altra e tu non ne sai bene nessuna delle due. Siamo a posto.

Prima ascoltavo su YouTube l'intervista che oggi il cancelliere tedesco Angela Merkel (il cancelliere o la cancelliera? Sono mesi che ho questo dubbio. Infatti fino a prova contraria Angela Merkel è una donna! E allora perché usare la forma maschile? Usiamo un bel Bundeskanzlerin come fanno in tedesco: -in designa il femminile, et voilà) ha rilasciato nel corso di una trasmissione televisiva che tratta di politica. Ora, non vi so riportare esattamente quanto è stato detto dalla Merkel...ma sul momento ho capito tutto. Infatti la Merkel parla in modo chiarissimo, cosa non comune per un politico...! Non parlo di velocità, perché solitamente durante le interviste si parla in modo più lento rispetto al normale. Parlo di articolazione delle parole, parlo di sintassi, parlo di lessico. Si capisce tutto perfettamente. Ma se provo a fare una fintissima simulazione di interpretazione simultanea, improvvisamente la mia competenza linguistica va al livello "Shish" di Matteo Renzi. Ed è lì che mi sento una cretina. Se capisco tutto perfettamente, dovrei anche riuscire a tradurlo. Certo è che le lezioni pratiche di interpretazione simultanea dovremmo cominciarle l'anno prossimo, ma già riuscire a combinare qualcosa di buono non mi farebbe così schifo, per carità.

Un attimo prima penso di diventare l'interprete della Merkel.
Un attimo dopo.... "Shish", e non ci pensiamo più.

mercoledì 7 ottobre 2015

Mi piace come scrive

Ho un'amica che scrive. E lo fa in un modo che mi piace da impazzire.
Breve, conciso, efficace. Dolce e pungente nello stesso tempo. 
Forse a furia di leggere i suoi libri ho imparato qualcosa. Forse. 

E' grazie a lei che ho conosciuto il mio autore preferito.
Il viennese Daniel Glattauer
L'ho conosciuto cinque anni fa leggendo "Gut gegen Nordwind". Tradotto in italiano con "Le ho mai raccontato del vento del Nord". 
A tutti voi che passate di qui: cercate quel libro e leggetelo. Vi prenderà subito. Verrete letteralmente risucchiati nella storia di Leo e Emmi. Arriverete all'ultima pagina volendo saperne di più. C'è anche il sequel, "Alle sieben Wellen" (tradotto in italiano con "La settima onda"). Letto a tempo record. In italiano e, qualche anno dopo, in tedesco. Meraviglioso. 

Giusto ieri sera leggevo il libro di G. che ho comprato a Vienna e ho capito che la sua scrittura somiglia tantissimo a quella della mia amica. Ti prendono, ti avvinghiano e non ti mollano più. 

Lei sa che io penso che lei e G. si somiglino come scrittori.
E ieri sera le ho scritto di non leggere l'ultimo libro di G. perché fa schifo.
Spero che a questa affermazione non applichi la proprietà transitiva. 

martedì 6 ottobre 2015

Mehr will ich nicht von dir

Nun bist du geborgen 
Die Nacht erreicht dich nicht 
Denn ich will dich bewahren 
Vor Ängsten und Gefahren 
Folg mir in den Morgen 
Ich geh mit dir ins Licht 
Und ich will für dich da sein 
Für alle Zeit dir nah sein

Lehr mich, wieder ohne Angst zu leben 
Sei mein Retter aus der Einsamkeit 
Gib mir Wärme, um mir Mut zu geben 
Und versprich, dass ich dich nie verlier' 
Mehr will ich nicht von dir

Lass was war vorbei sein 
Schenk mir dein Vertrau'n 
Dann wird niemand dich finden 
Die Träume werden schwinden

Lass mich wieder frei sein 
Beschütz mich vor dem Grauen 
Nur du kannst mich bewahren 
Vor Ängsten und Gefahren

Ich will dir helfen, ohne Angst zu leben 
Ich führ dich aus deiner Einsamkeit 
Meine Liebe wird dir Wärme geben 
Geh von heut' an jeden Weg mit mir 
Christine 
Mehr will ich nicht von dir

Gib mir Liebe, um mir Kraft zu geben 
Wenn es dunkel wird, bleib' hier bei mir 
Gib mir Liebe 
Teil mein ganzes Leben 
Bleib für immer 
Ich bleib bei dir 
Lieb mich, mehr will ich nicht von dir

Geh von heut' an jeden Weg mit mir 
Lieb mich, mehr will ich nicht von dir



Questo credo che sia il testo più meraviglioso che io abbia mai sentito.
Ogni volta che ascolto questo brano mi commuovo. Sono le parole che ognuno di noi in fondo vorrebbe sentirsi dire. 
Se volete ascoltare la versione originale in inglese, il titolo è "All I ask of you". 
Una qualsiasi traduzione italiana non rende minimamente giustizia al testo inglese, figuriamoci a quello tedesco. 
Se vi va di piangere un po', anche solo per sentire una musica meravigliosa, cliccate qui.
Buon ascolto! 

lunedì 5 ottobre 2015

Occhiali da sole

Come forse ricorderete, a Vienna sono spariti i miei amati adorati occhiali da sole.
Sono stati i miei compagni fedeli da luglio 2013 a agosto 2015. Sono stati dappertutto insieme a me.
A Parigi, a Trieste la prima volta, a Vienna a vedere "Elisabeth", a Roma la bellezza di tre volte, in Francia, di nuovo a Trieste un anno dopo, a Venezia, a Milano, ad Ancona, in giro per il Friuli...e per concludere, un mese a Vienna.
Me li aveva regalati mamma dopo la maturità.
Ora: io studiavo sul poggiolo tutti i giorni, con il sole, con le nuvole, di giorno, di notte...ero sempre là. Usavo un paio di occhiali arancioni che saranno costati tre euro al massimo. Avevano delle lenti decisamente orrende. Per miracolo non ho perso nemmeno un decimo di vista.
Solo alla fine dell'orale mamma mi ha portata dall'ottico e mi ha fatto il regalo per la maturità. Ancora prima di sapere il risultato. Che si è rivelato comunque migliore delle mie aspettative.
Con loro ho fatto anche la Color Run. Infatti le lenti avevano ancora delle macchioline arancioni.
Mi mancano tanto, i miei piccini.

Ma oggi ne ho - finalmente! - comprato un nuovo paio.
E allora, piccoli miei....benvenuti.
Saremo la coppia più favolosa della storia.

domenica 4 ottobre 2015

Dicono...

Dicono che scrivere sia terapeutico.
E in effetti un pochino lo è.
Generalmente quando ho la testa che mi scoppia la cosa più intelligente da fare è scrivere in modo tale da vomitare tutto quello che il mio cervello sta cercando di contenere con il rischio di scoppiare.
Ci sono volte in cui non riesco a dire tutto quello che vorrei. Infatti mi stanco molto facilmente. Non riesco a scrivere quando, quanto e come mi piacerebbe e come facevo al liceo, quando avevo il mio blog-sfogo personale, protetto da password, di cui solo io conoscevo l'esistenza. Quello sì che era bello. Scrivevo come una pazza e me ne fregavo di tutto, tanto leggevo solo io. Ma comunque nelle mie dita rimaneva un buon 80% di quello che avrei voluto buttare giù. Tutto ciò che di negativo ci potesse essere, mi rimaneva appiccicato alla punta delle dita. Non riuscivo a mettere giù le mie sensazioni nero su bianco.
E non ci riesco nemmeno adesso.
In questo momento sono appollaiata sulla mia sedia al mio tavolo con musica rilassante nelle orecchie. Ho uno strano senso di mal de vivre addosso, non so perché. Oggi non è successo davvero niente, è stata una giornata inutile da morire. Però non so che diavolo mi prende: se ci riuscissi, piangerei. Però non ci riesco nemmeno quando ho una valida motivazione per farlo. Figuriamoci piangere così a caso dal niente.
Quello che servirebbe a me è un dispositivo, collegato con il mio cervello, che possa riportare nero su bianco esattamente tutto ciò che mi passa per la mente.
Mi farebbe molta paura, perché la mente è qualcosa di incontrollabile e ogni tanto elabora pensieri decisamente inquietanti... ma forse mi servirebbe anche per capire meglio la mia situazione.
E una cosa che mi fa più che paura è che sto cominciando a capire la cosa dei "tacchi delle scarpe".
Chi ha letto "La Profe - Diario di un'insegnante con gli anfibi" di Antonella Landi (Mondadori 2007) (anche pubblicità gratis, non mi paga nessuno per farla!) può capire di che cosa sto parlando. Se non lo avete letto.... fatevi una cultura, ignoranti!
Forse però dovrei piantarla di scrivere.
Ho lo stomaco che mi sta dicendo che è decisamente ora di cena.
EEEEEEEEE bon. Si va a mangiare. Che magari mi passa anche il male di vivere.

Due in uno

Come conciliare l'amore per le lingue - o meglio, per il tedesco - e la passione per i musical.
Io ho deciso una cosa.
Non so come, non so quando, non so se mai ci riuscirò davvero...
... ma io tradurrò "Elisabeth" in italiano. 
Sarà dura. Anche perché il tedesco è difficilissimo da rendere in italiano proprio perché sono due lingue con una conformazione completamente diversa. 
Ma io ho deciso che, tra le altre cose, voglio riuscire a fare anche questo.
Voglio che gli italiani conoscano la storia di questa grande donna. 

E se avranno modo di conoscere Sisi grazie a me, non potrò non esserne felice. 

sabato 3 ottobre 2015

La nuova conqui

Nuova conqui gavemo.
Secondo anno di psicologia. Come le altre due.
Quindi siamo tre a uno. Tre psicologhe "contro" una piccola, minuscola, microscopica sslmittiana.

Queste mi analizzeranno tutto il giorno tutti i giorni.
Annoteranno i miei bizzarri comportamenti. Primo tra tutti: quando lavo per terra, metto l'iPod e uso il bastone del mocio come un microfono e faccio dei concerti che nemmeno Vasco a San Siro.
Mi faranno sentire più pazza e fuori di testa di quanto già io non la sia.

Il tutto mi piace tantissimo.
E diamo inizio a questo secondo anno di conquilinage nel castello di "Frozen" al quinto piano.

mercoledì 30 settembre 2015

Figli di insegnanti

Ogni tanto dalle telefonate con mamma emerge anche qualcosa di sensato.
Topic di oggi: gli insegnanti e i loro figli.
Mamma è un'insegnante, e io sono sua figlia.

Quando ero alle elementari, mamma la vedevo sempre. Insegnava nella scuola dove andavo io: lei ogni giorno ci stava un quattro-cinque ore, io otto. Dannato tempo prolungato.
Dal momento che io a casa c'ero prima delle otto e dopo le quattro e mezza -e mamma aveva lo stesso orario di lavoro- voi potreste pensare che appena uscita/e da scuola mamma e io stessimo sempre insieme, facendo tutto ciò che una mamma e una figlia insieme possono fare.
E invece ... non era proprio così scontato. Perché, finito l'orario scolastico, a mamma toccavano i collegi docenti (detti anche "collegi indecenti"), le riunioni, le programmazioni (che poi io non ho mai capito che diavolo programmavano!), interclasse, riunioni con gli altri insegnanti del circolo didattico, progetti di omicidio del dirigente scolastico, riunioni per il POF - che non è l'onomatopea delle feci che cadono nel gabinetto ma è il piano dell'offerta formativa (che io non ho ancora capito che cosa sia dopo tredici anni di scuola) - e le riunioni per la continuità sia con le materne che con le medie. Tutti i santi giorni. Quindi diciamo che mamma a casa prima delle sette e mezza di sera non c'era mai.
Cinque anni dopo, approdo alle medie. Grazie al cielo non ho più il tempo prolungato - yeeee! - e quindi torno a casa alle due. Mi aspetta un solitario pomeriggio in compagnia dei miei stramaledetti compiti. E li faccio. Non li capisco, ma li faccio.
E' lì che capisco la differenza tra mamma insegnante e papà informatico. Se non mi viene un'espressione in matematica, mamma me la spiega mentre papà la svolge e me la fa copiare senza spiegarmi i passaggi né dove ho sbagliato. E poi si chiedevano com'è che io di matematica non avessi mai la sufficienza se non grazie a qualche miracolo (o ai bigliettini con le formule nascosti dentro le tavole numeriche).
Al liceo...mamma chi la vede più? Davvero, non c'è mai a casa. E' sempre a scuola. Sempre in quella cavolo di scuola a insegnare a quei cavolo di alunni e a riunirsi con quei cavolo di colleghi coordinati da quel cavolo di dirigente scolastico. Mamma la mattina esce alle otto meno un quarto, insieme a me. Ma, a differenza mia, non torna mai a casa prima delle otto e mezza di sera. Una gioia, vero?
E va da sé che quando mamma torna a casa, dopo millanta ore di scuola, definirla isterica mi pare un eufemismo. Lo vedo che ha la testa che le scoppia e che ne ha per le balle di ascoltare i problemi che possono avere due figlie, una liceale e una ancora alle medie. Però io voglio fare due chiacchiere. Ma no: ha la testa che le scoppia. E allora va da sé che io mi chiudo nel mio mondo. E non è così difficile: basta mettere gli auricolari e attaccarli all'iPod o al computer. Non è affatto difficile. In quel mondo tutto ha senso, tutto funziona. E soprattutto, in quel mondo non mi sento sola. (E poi uno mi chiede perché mi piace stare da sola. Semplice: mi ci sono abituata)

Perché in effetti i figli degli insegnanti passano tanto tempo da soli. Gli insegnanti infatti mettono - come è giusto che sia - il loro lavoro prima della loro famiglia. Ogni tanto chiedevo a mamma se lei sapesse di avere un marito e due figlie, dal momento che c'erano dei giorni in cui non ci incrociavamo nemmeno per sbaglio girando per casa. Mi sentivo dire, giustamente, che quello era il suo lavoro e che di beccarsi tutte quelle riunioni non lo aveva scelto lei. "Mi sembra logico, sennò saresti una deficiente", pensavo.

Mamma trascorre molto più tempo con i suoi alunni che con me e con mia sorella. Ora io vivo fuori e questo è un altro discorso...ma mia sorella, che adesso ha 15 anni, sta passando esattamente quello che ho passato io quando avevo la sua età. (Sembra che stia parlando di un passato preistorico, ma giuro che non sono così vecchia!) Solo adesso forse si sta rendendo conto di cosa vuol dire avere una mamma che è sempre a scuola a fare dell'altro, e che quando hai bisogno di parlare con lei ha la testa che scoppia e l'unica cosa che vorrebbe è il silenzio assoluto. Che non ha, perché ha due figlie. O le figlie o il silenzio. Non hai altre possibilità di scelta, è un aut-aut. O per dirla in tedesco, è un entweder...oder.

L'insegnante, come tutti i lavori, richiede tanta pazienza, attitudine e ... nervi saldi.
Non si può fare contemporaneamente l'insegnante e il genitore.
O il lavoro o i figli.
Un avvocato lavora con documenti. Un informatico lavora con computer. Un biologo lavora con parameci e esserini unicellulari.
Un insegnante lavora per la formazione di persone che saranno gli adulti di domani. Hanno una responsabilità gigantesca. Non possono permettersi di svolgere il loro lavoro alla carlona (o per meglio dire: alla cazzo). Non possono nella maniera più assoluta. Quindi o questo o quello. Non tutti e due. A meno che tu non sia Wonder Woman: in tal caso... ok, tutti e due. Un insegnante, appena arriva a casa, finisce di frantumarsi i nervi dovendo star dietro ai figli. E poi è ovvio che il giorno dopo a scuola non ce la fa e fa la sua lezione con le scatole girate e senza nemmeno un briciolo di entusiasmo. (Ecco perché voi dite che gli insegnanti sono degli incompetenti)

Con questo non intendo dire che gli altri lavori sono meno faticosi, e non voglio neanche dire che solo i figli degli insegnanti vivono questa situazione.
Dico solo che PORCA DI QUELLA MISERIA il prossimo che viene a dirmi che gli insegnanti non si devono lamentare perché hanno due mesi di ferie d'estate, quindici giorni a Natale e una settimana a Pasqua e perché lavorano solo quattro ore al giorno per cinque giorni a settimana si prende una sprangata sulle gengive.